S. Maria Assunta in Carbonera: la ridefinizione del centro parrocchiale


Progetto e testo di Sandro Pittini, architetto

Poco più di cento anni fa la comunità di Carbonera, nella diocesi di Treviso, diede vita a un progetto importante e ambizioso con la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale in sostituzione di un edificio più piccolo del XVII secolo.

L’edificio venne completato nel 1908 su progetto dell’ingegnere Pietro Saccardo (1830 – 1903) Proto per molti anni della Basilica di san Marco a Venezia, rispettando la torre campanaria del 1842 posta isolata davanti alla nuova facciata. La chiesa venne realizzata sopra un terrapieno portando la quota di imposta dell’edificio a 100 cm sopra il livello di campagna.

L’attuale nuovo intervento si pone in continuità con quell’ambizioso progetto di inizio novecento prevedendo la costruzione della Canonica, di un salone polifunzionale, di alcune aule per la catechesi e di una cappella feriale, elevando i nuovi volumi alla stessa quota di imposta della chiesa, formando una platea sopraelevata.

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Vista da sud. In grigio il volume della chiesa novecentesca.

La cittadina di Carbonera con i suoi attuali 11.000 abitanti è uno dei centri urbani più importanti posti a corona della città di Treviso. Il centro parrocchiale, dedicato a santa Maria Assunta, assieme con alcuni istituti scolastici, la biblioteca, un centro civico e la sede municipale costituiscono il nucleo funzionale più rilevante del sistema urbano esistente, il quale però si colloca isolato al margine meridionale della cittadina. A causa di alcuni assetti di proprietà, di vincoli di tipo storico, paesaggistico e cimiteriale lo sviluppo urbano, avvenuto in particolare nella seconda metà del novecento, non si è concretizzato in modo armonico attorno a questo primo nucleo centrale ma si è localizzato più a nord determinando una non facile problema di relazioni tra centro e città. Anche grazie all’iniziativa della Parrocchia di Carbonera con la costruzione del nuovo Centro Parrocchiale si è avviato un processo di integrazione attraverso la realizzazione e l’incentivazione di una rete di percorsi ciclo pedonali lungo l’asse nord – sud in modo da risolvere questo evidente disequilibrio tra le funzioni centrali, di storica presenza, e l’urbanizzazione ad unità singole o condominiali disposte secondo un modello diffuso. L’obiettivo assunto in modo sinergico tra l’Amministrazione pubblica e la Parrocchia è quello di fare sistema: costruire un centro dotato di maggiore sinergia con il contesto urbano.

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Inserimento urbano del complesso parrocchiale.

Il nuovo centro parrocchiale non va inteso semplicemente come un luogo funzionale ma come un ambiente di vita, di incontro e relazione dove poter realizzare le tante attività che contribuiscono ad edificare la Casa della Comunità. Si è cercato di rendere concreti alcuni significati fondamentali:

  • senso di aggregazione: i volumi del nuovo complesso si articolano attorno ad uno spazio vuoto, una corte, agganciata alla chiesa parrocchiale tramite l’alto volume semicircolare dell’abside;

  • senso di appartenenza: ogni ambiente si pone in continuità attraverso ampie aperture con la corte trattata a prato, uno spazio libero di riferimento per tutto il nuovo sistema;

  • senso di prossimità: il nuovo complesso parrocchiale costituito dai nuovi edifici e da quelli esistenti, si pone in stretta relazione con la realtà urbana di Carbonera evitando di costruire cesure e barriere;

  • senso di una tradizione che si rinnova: Il progetto si rifà alla tradizionale edilizia “anonima” o spontanea frutto di un’essenziale prassi costruttiva. Un’architettura apparentemente senza tempo che ha sempre caratterizzato il paesaggio di questo parte di pianura veneta, con la precisa volontà di riannodare i fili con i caratteri del luogo e di radicarsi in esso.

In architettura non esiste una genealogia del “tipo” Centro Parrocchiale secondo la sua attuale definizione, in quanto esso costituisce una novità piuttosto recente se vista all’interno della lunga e lenta articolazione dei luoghi di culto cattolici a partire dal suo evolversi dal nucleo più importante costituito dall’ Aula liturgica. Ha sicuramente avuto origine da precise esigenze nate con l’esperienza educativa di san Filippo Neri (seconda metà del XVI secolo) per trovare una più stringente definizione con la fondamentale attenzione al mondo giovanile di san Giovanni Bosco (seconda metà del XIX secolo). È sicuramente uno degli strumenti tra i più importanti ed efficaci per rendere concrete e attuali le indicazioni emerse dal Concilio Vaticano II per una Ecclesia partecipata e consapevole.

Il centro parrocchiale non è una scuola, anche se molti ambienti potrebbero farlo sembrare per analogia.

Non è un Oratorio inteso nella sua originale definizione come un ambiente prossimo alla chiesa dove una piccola comunità si radunava per pregare ed ascoltare, anche se la finalità sono le stesse: trasmettere il Verbo attraverso varie forme di catechesi. Da ciò deriva l’attuale utilizzo del medesimo termine anche se in modo improprio.

Non è una struttura monastica in quanto sono in contraddizioni alcuni presupposti all’origine, infatti una struttura conventuale è chiusa, mentre il Centro Parrocchiale deve essere aperto in un continuo scambio con il mondo esterno. È pur vero che molti Centri si sono insediati e sviluppati a partire da ex strutture conventuali modificandone la struttura al fine di un più ampio coinvolgimento delle attività, in particolare con le aree a verde attrezzato.

Da queste considerazioni si è avviato un processo che ci ha portati ad una impostazione del nuovo Centro Parrocchiale a partire dalla sua ubicazione e dalla sua relazione con la chiesa esistente senza perdere di vista le necessarie e virtuose relazioni con il contesto più prossimo, con l’obiettivo di costruire un sistema di luoghi urbani centrali interrelati tra loro.

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La planimetria mostra al centro la chiesa novecentesca e all’intorno i nuovi edifici del complesso parrocchiale.

Si è guardato alla lunga tradizione dei complessi conventuali con gli ambienti posti a corona dello spazio vuoto del cortile porticato (chiamata galilea nelle Certose). Uno spazio raccolto e aperto verso il cielo, in stretta analogia con il peristilio della Domus mediterranea. Uno spazio quadrato di 30 metri di lato trattato a prato, disponibile a mille attività e dominato dalla presenza del volume estradossato dell’abside semicircolare della Chiesa parrocchiale. Si determina perciò una contraddizione perché il volto della chiesa su trova diametralmente opposto ai nuovi locali di ministero pastorale. Per ovviare a questa situazione gli ambiti antistanti i lati lunghi dell’aula liturgica esistente sono stati ripensati in modo da favorire una loro identità: essi assumono il compito di cerniera o soglia tra la facciata davanti alla quale svetta il campanile in mattoni e lo spazio vuoto della corte. Si creano prospettive lunghe o campi visivi profondi abbinati a campi visivi brevi o prospettive corte in un’equilibrata sequenza. A nord domina il campanile e la facciata della nuova canonica, a sud emerge la facciata della Cappella feriale. Tutt’attorno alla corte si apre un portico pensilina lungo il quale si aprono dei passaggi, delle soglie che possono efficacemente essere abitate da attività libere all’aperto ma protette dalla stessa pensilina. Luoghi molto utili in tempi difficili dominati dalla pandemia.

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Vista dall’alto

Al fine di indicare una possibile sintesi si potrebbe affermare che lo schema conventuale è stato manipolato disaggregando le parti e lasciando tra queste molti vuoti in modo da istituire continue relazioni tra interno ed esterno. La ricerca e il dominio dello spazio vuoto è prevalente nel progetto, spazio inteso come tensione tra le parti.

Il ruolo primario dell’abside all’interno dello spazio vuoto della corte richiama certi appunti di viaggio come l’abside della chiesa romanica di sant’Agata a Spoleto, protagonista della scena all’interno dei resti del teatro romano, oppure alle tre absidi della chiesa di san Giacomo dell’Orio a Venezia, impostata sull’antico schema a Quinqux bizantino, le cui absidi semicircolari definiscono e dominano lo spazio del campo antistante. Retri che diventano protagonisti nel progetto.

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Vista da ovest: a sinistra e sul fondo i nuovi edifici, a destra la chiesa esistente.
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Vista verso la nuova Cappella feriale, sul lato sud del complesso parrocchiale.

La costruzione del nuovo complesso parrocchiale è resa possibile grazie al contributo dell’otto per mille della Chiesa Cattolica Italiana.

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Vista da est.
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Vista da sud del nuovo edificio che definisce il lato est del complesso parrocchiale.

DIOCESI DI TREVISO – PARROCCHIA DI SANTA MARIA ASSUNTA IN CARBONERA (TV) Costruzione dei nuovi locali parrocchiali con casa canonica e capella feriale

COMMITTENTE
don Luca Vialetto, parroco della Parrocchia di Santa Maria Assunta aCarbonera

COORDINATORE DEL PROGETTO E PROJECT MANAGER
Ing. Diego Malosso – Concordia s.a.s. con arch. MariaElena Antonucci

Progettista e Direttore Lavori OPERE ARCHITETTONICHE
Arch. Sandro Pittini

con arch. Jonathan Sanna, arch. Sara Bortolato, arch. Giuseppe Anastasi, arch. Andrea Anastasi

Progettista e Direttore Lavori opere strutturali
Ing. Simone Carraro – SOGEN s.r.l. con ing. Francesco Volpe

PROGETTISTA IMPIANTI
SIMAX Studio Associato

Coordinatore SICUREZZA in fase di progettazione ED ESECUZIONE
Ing. Dario Gambarotto – DFG Ingegneria s.r.l.

Appaltatore DEI LAVORI
Costruzioni Bordignon s.r.l.

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La casa canonica, sul lato nord del centro parrocchiale.